15 Luglio 2014

Camere di Commercio: sì alla riforma, no allo smantellamento

Oltre il 70% delle imprese del terziario ritiene indispensabile il sistema camerale e buona la qualità dei servizi resi. E’ quanto risulta da una recenteindagine di mercato realizzata da Confcommercio-Imprese per l’Italia, che ha invitato tutte le Associazioni territoriali e le Federazioni ad informare sui danni che la strada intrapresa dal Governo produrrà e sulla necessità di avviare un’azione di riforma complessiva.

La previsione di un dimezzamento dei diritti camerali a partire dal 2015, contenuta nel decreto di riforma della P.A., rappresenta di fatto il primo passo verso lo “smantellamento” del sistema delle Camere di Commercio che, in questi anni, è stato un esempio di come un ente pubblico gestito direttamente dal mondo delle imprese possa valorizzare le attività economiche dei territori, anche in ambito internazionale, in maniera efficiente e trasparente. Invece, la strada intrapresa dal Governo, non solo costringerebbe tante Camere di Commercio a chiudere i battenti, ma metterebbe anche a rischio gli equilibri economici di tanti territori e procurerebbe un ulteriore danno al sistema delle pmi. Cancellare le Camere e redistribuirne le funzioni ad enti locali, uffici periferici dello Stato o addirittura ad Agenzie di nuova costituzione comporterebbe non solo un costo per le finanze pubbliche, ma farebbe anche venir meno tutta una serie di attività volte alla promozione delle economie locali e priverebbe le imprese di un sostegno concreto e continuo in termini di servizi e di attività di coordinamento e confronto delle varie rappresentanze. Sostegno confermato, peraltro, da una recente indagine di Confcommercio, secondo la quale più del 75% delle imprese del terziario sono soddisfatte dei servizi di supporto che ricevono dalle Camere di Commercio, il 70% considera il sistema camerale un ente necessario per l’economia del territorio e una percentuale analoga (il 69%) giudica soddisfacenti i servizi complessivamente erogati a fronte del diritto camerale versato.

Partendo quindi da un giudizio sostanzialmente positivo sul ruolo svolto dalle Camere di Commercio e chiarito che una drastica riduzione delle risorse raccolte dalle Camere attraverso i diritti camerali pagati dalle imprese o peggio ancora, la cancellazione delle Camere stesse, nulla ha a che vedere con il processo di spending rewiev della Pubblica Amministrazione, si condivide tuttavia l’esigenza di avviare un’azione di riforma e di razionalizzazione del sistema. Tale riforma dovrebbe tuttavia partire dalla identificazione della mission assegnata alle Camere di Commercio con riferimento al sistema delle imprese e alle economie territoriali, definendo successivamente gli assetti organizzativi e il corretto ammontare di risorse necessarie per il raggiungimento degli obiettivi assegnati. La riforma dovrebbe partire dalla ridefinizione del perimetro delle attività presidiate, ad esempio razionalizzando i servizi erogati e rafforzando il ruolo di supporto alle imprese soprattutto per favorire l’accesso al credito; da una razionalizzazione dell’articolazione territoriale basata non su confini amministrativi (una camera per ogni Regione) ma su criteri di omogeneità dei bacini di utenza; dalla riduzione e razionalizzazione delle Aziende Speciali avviando anche un processo di dismissioni degli asset non funzionali al ruolo delle Camere, per liberare risorse a sostegno delle imprese e delle economie territoriali. Infine, secondo Confcommercio le risorse attribuite al sistema camerale dovranno essere adeguate ai nuovi assetti organizzativi e funzionali attraverso un percorso triennale di rimodulazione del contributo camerale.

Position paper di Confcommercio sulla riforma delle Camere di Commercio

► Sintesi della ricerca Confcommercio-Format

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